La privatizzazione della guerra
Dopo il crollo del muro di Berlino, e dell'Unione Sovietica, e del fallimento del modello statale comunista, qualcuno ha considerato il capitalismo ed il liberismo economico come l'unico efficace strumento per la conquista del benesere e della democrazia.
Secondo i sostenitori del modello capitalista la libera circolazione delle merci, l'allargamento dei mercati, il progresso ecomomico sarebbero in grado di generare automoaticamente democrazia e progresso sociale.
Da allora stiamo assistendo ad una progressiva privatizzazione di servizi pubblici, che fino poco tempo fa erano considerati di esclusiva competenza dello stato.
Il principio è quello di commissionare a società private, attraverso degli appositi contratti la gestione di particolari servizi di pubblica utilità per ottenere risparmi economici. In alcuni casi si sono perfino vendute importanti società che gestivano servizi di pubblica utilità.
Abbiamo assistito alla privatizzazione delle società di gestione dell'energia elettrica, delle reti telefoniche, delle ferrovie, delle strade, degli edifici pubblici, della sanità, della previdenza sociale.
Ora si stà prospettando la privatizzazione anche delle forze armate.
Il fenomeno è improvvisamente apparso all'opinione pubblica piuttosto recentemente.
Tutti i telegiornali hanno riportato la notizia di 4 uomini americani uccisi a Falluja in Iraq, delle loro auto bruciate, dei loro cadaveri martoriati e trascinati da un'auto per le vie della città, e poi appesi pubblicamente a dei piloni.
Quei corpi non facevano parte di nessun esercito. Erano dipendenti "addetti alla sicurezza" della ditta privata Blackwater.
Il tema delle società militari private è tornato di attualità dopo il rapimento in Iraq dei 4 italiani Fabrizio Quattrocchi, Salvatore Stefio, Maurizio Agliana ed Umberto Cupertino.
Salvatore Stefio ha fondato e gestito in Italia una di queste società: la Presidium International Corporation.
L'incarico di Fabrizio Quattrocchi e dei suoi colleghi non è stato ancora chiarito con precisione, ma pare che fosse diventato il "braccio destro" di Paolo Simeone, responsabile ed amministratore di DTS LLC (un'altra società militare privata).
Perfino nel caso delle torture ad prigionieri di Abu Grahib pare fossero coinvolte società militari private (CACI, Titan) che avrebbero avuto un ruolo importante anche in attività delicate e tipicamente riservate a funzionari statali (come ad esempio gli interrogatori dei prigionieri).
Non si è trattato di casi particolari, e secondo stime relative al 2003 i contaratti privati hanno riguardato circa l'8% dello stratosferico bilancio della difesa degli Stati Uniti per una cifra pari almeno a 30 miliardi di dollari.
Anche il ministero della difesa inglese è arrivato ad utilizzare 1/4 del suo budget per pagare i servizi della società Defense Logistics Organization.
Alcune società militari private sono riuscite ad ingrandirsi e trasformarsi in vere e proprie multinazionali, quotate in borsa, con molte ramificazioni, società consociate.
Le loro quotazioni negli anni 90 hanno avuto un tasso di crescita doppio rispetto ad quello medio del Dow Jones, e secondo alcune stime i loro ricavi potrebbero quadruplicarsi in 20 anni.
Le società militari private hanno ampia scelta e bassi costi per il reclutamento del personale dipendente.
La smobilizzazione degli eserciti nazionali dopo la fine della guerra fredda, e la bassa remunerazione delle forze armate di quasi tutti i paesi, garantiscono un flusso continuo di assunzioni.
Ottengono dei grossi risparmi sui costi di formazione e selezione dei dipendenti, assumendo personale già preparato in precedenza da eserciti statali, che hanno già prodotto stati di servizio, schede personali, promazioni, che certificano le loro competenze del personale.
Le società militari private non sono costrette a tenere alle proprie dipendenze un gran numero di dipendenti, ma attingono a liste pronte di personale qualificato, per fornire un servizio dinamico ed adattato alle esigenze del cliente.
Hanno infine dei bassi costi fissi e per immobili.
Come per molte società che operano in altri ambiti, si sono formati dei raggruppamenti di compagnie specializzate di piccole dimensioni guidate da un marchio centrale. Questa organizzazione crea una struttura più flessibile ed adattabile ad esigenze particolari, e può consentire di aggirere ostacoli imposti da regalamentazioni nazionali od internazionali.
Un governo debole o sotto minaccia può ricorrere alle società militari private per difendersi, cedendo come pagamento lo sfruttamento di risorse nturali del paese a svantaggio delle popolazioni locali.
Nella storia recente, nei paesi avanzati, il progresso sociale e democratico ha modificato la condizione dei popoli che sono passati da una condizione di sudditanza, ad una condizione di cittadinanza.
Un tempo i popoli venivano considerati sudditi da sfruttare.
Attualmente gli amministratori (almeno in teoria) derivano il loro potere dal consenso popolare (oltre che dalla capacità dei cittadini di produrre ricchezza e servizi). Ed in quest'ottica i cittadini non possono essere considerati solo come una risorsa da utilizzare per finanziare le guerre, ma devono essere coinvolti nel diritto-dovere di difendere il proprio stato anche con le armi.
Per questo credo che abbia importanza un esercito di leva.
Per questo non mi sono sottratto (come hanno fatto molti miei coetanei) al servizio militare obbligatorio.
Per questo agli stati veniva universalmente riconosciuto il monopolio esclusivo dell'esercizio della violenza, nell'interesse e con il consenso dei cittadini.
Recentemente però questi concetti fondamentali stanno venendo rapidamente abbandonati, senza che nemmeno si sia svolto un dibattito pubblico sull'argomento, se non addirittura una consultazione popolare.
La leva militare obbligatoria è stata recentemente abolita in Italia.
Sempre più spesso nelle guerre sono variamente coinvolte tra gli attori, società private che non operano per finalità direttamente collegate agli interessi ed alla volontà dei cittadini.
Il ruolo degli stati, la loro prerogativa di decidere di entrare o di uscire da un conflitto, e la stessa presenza di campi di battaglia definiti, sono tutti aspetti che stanno perdendo la loro importanza.
Con la globalizzazione perdono significato i singoli stati ed i loro confini.
Per molti di noi, la vita non cambierebbe un gran che, abitando in Italia, od in Canada, od in Francia, o negli Stati Uniti, anche se le leggi non sono esattamente le stesse.
Gli avversari nei conflitti sono invece sempre più separati dalla linea di demarcazione tra il globale (di chi conosce l'inglese, dispone dei mezzi di comunicazione, di internet, e-mail, TV satellitare, denaro per pagarsi trasporti e beni), ed il locale (di chi è vittima di assedi e carestie, di costi insostenibili, dell'ignoranza, di visti sui passaporti, ecc.).
Diventano sempre meno definite le differenze tra violenza interna ed esterna, tra chi combatte legittimamente e chi no, tra chi è terrorista e chi è partigiano).
Gli avversari pertanto non si affrontano su campi di battaglia definiti (magari lungo i confini degli stati), ma la guerra si svolge ovunque nel mondo (torri gemelle di New York, Afganistan, Iraq, stazioni ferroviarie di Madrid, Somalia, Palestina ecc.) e con qualunque mezzo (embargo commerciali, penalizzazioni legali, media, kamikaze, guerra convenzionale, ecc.).
Credo che sia un errore lasciare spazio alle società di servizi militari private, che rappresentano gli interessi commerciali e capitalistici di chi si avvantaggia della globalizzazione, cioè di uno degli attori delle nuove guerre.
Ancora più errato farlo a scapito dell'autorità degli stati e del volere del popolo che tornerebbe ad essere declassato dallo stato di cittadino a quello di suddito da sfruttare per interessi commerciali.
Per approfondire gli aregomenti consiglio di leggere:
"Mercenari S.P.A" di Francesco Vignarca BUR (Biblioteca Universale Rizzoli)