Aldo Varotto

No global

Negli ultimi mesi si sente sempre più spesso parlare dei no global.
Perfino nelle interviste televisive ai VIP del mondo dello spettacolo, viene proposta la domanda: "Global... o no global?".
Ma chi sono e cosa vogliono i no global?

Credo che guardando la TV o leggendo i giornali in Italia sia difficile riuscire a capirlo.
Sono dei teppisti che si riuniscono in occasione dei più importanti incontri tra i vertici della politica e dell'economia mondiale?
Si incontrano per avere un pretesto per distruggere vetrine, ed ingaggiare azioni di guerriglia con le forze di polizia?

Dai 50000 manifestanti in occasione del vertice del WTO di Seattle del '99, si è arrivati fino a 300000 in occasione del vertice del G8 di Genova del 2001.
Di certo non è possibile che tante persone si radunino da tutto il mondo soltanto per eseguire degli atti di vandalismo.
Si oppongono ai progressi che hanno facilitato le comunicazioni, i trasporti ed il commercio in tutto il mondo?

Non credo che sia così!
Molti di loro utilizzano ottimamente gli strumenti della globalizzazione. Comunicano con tutto il mondo, utilizzano internet e viaggiano in aereo. Alcuni sono così esperti di computer e di sistemi operativi Linux, che sarebbero in grado di creare alcune delle imprese che hanno creato la fortuna della new economy.

Perché no global

I "no global", che alcuni vorrebbero chiamare anche "movimento per la democrazia", o semplicemente "movimento", sono un insieme molto eterogeneo di singoli individui, di associazioni, di sindacati, ecc., non coordinati, che manifesta il proprio comune disagio nei confronti degli attuali modelli di sviluppo economico e sociale.
Sono formati da persone che non si sentono più rappresentate dai partiti politici (da nessun partito politico).
Nel valutare i rapporti tra globalizzazione e democrazia, non basta considerare se i cittadini vadano periodicamente a votare. Andrebbe considerato se il loro voto si trasforma effettivamente nella realizzazione delle loro aspirazioni.
Le decine di migliaia di persone che invadono le strade all'esterno delle riunioni sul commercio non si oppongono al commercio in se, ma protestano per il bisogno concretissimo di posti di lavoro, di investimenti per l'istruzione, di assistenza sanitaria, ecc, che vengono sistematicamente indeboliti nelle nostre democrazie, per favorire il commercio (per ridurre i costi di produzione, attirare investimenti stranieri, privatizzare ed industrializzare i servizi sociali).

Per molti anni sembravano esistere 2 soli modelli di orgnizzazione politica: il capitalismo occidentale ed il comunismo sovietico.
Dopo il crollo del muro di Berlino, e dell'Unione Sovietica, sembrava essere rimasta una sola alternativa, rafforzata dal fallimento dell'altra. Qualcuno ha persino presentato il capitalismo come l'unico efficace strumento per la conquista del benesere e della democrazia.
Ma capitalismo e comunismo pare condividano difetti comuni: entrambi concentrano il potere nelle mani di pochi, mentre tutti gli altri vengono considerati potenziali produttori (nel comunismo), e potenziali consumatori (nel capitalismo).

Anche nei paesi che hanno adottato un modello capitalista, stiamo assistendo ad una concentrazione di poteri nelle mani di pochissimi gruppi, automobilistici, farmaceutici, petroliferi, agro alimentari, assicurativi, bancari, e dei media.
Stanno scomparendo le aziende agricole familiari, le piccole fabbriche, le televisioni locali, i piccoli editori, le medie industrie, in una parola sta scomparendo la "diversità".
È chiaro che questi pochi gruppi economici sono in grado di "condizionare" le regole economiche, e politiche (stabilire i prezzi, eliminare concorrenti sgraditi, finanziare la politica, pretendere leggi a loro favorevoli con la scusa di salvare posti di lavoro od evitare danni all'economia dello stato).
Ed anche in Italia è sotto gli occhi di tutti l'aumento delle differenze tra chi è molto ricco e chi è molto povero, e l'aumento delle differenze tra paesi ricchi, che continuano ad arricchirsi, e paesi poveri, che rimangono sempre più poveri.

Perfino la globalizazione delle comunicazioni e dei mercati ha riguardato solo alcuni settori.
L'accesso ad internet riguarda solo una certa percentuale della popolazione dei paesi avanzati, di certo non l'Africa o la Cina, dove sono rarissimi i PC ed enormi le proporzioni di popolazione analfabeta.
Altrettanto inaccessibili ai più sono i trasporti aerei.
Le facilitazioni alla circolazione internazionale hanno riguardato le merci, ma sono aumentate le difficoltà di circolazione delle persone (con ingenti aumenti delle spese per i controlli alle frontiere, ed i presidi di polizia).

Secondo i sostenitori del modello capitalista la libera circolazione delle merci, l'allargamento dei mercati, il progresso ecomomico sarebbero in grado di generare autumoaticamente democrazia e progresso sociale. Ma la realtà sconfessa questa tesi.
Ed i progressi economici, spesso avvengono scapito del progresso sociale.
Come mai in un periodo di benessere economico senza precedenti, anche in un paese avanzato come l'Italia, con un PIL che è sempre rimasto in crescita, non ci sono i fondi per finanziare la sanità pubblica (in difficoltà ad affrontare una semplice epidemia influenzale), aumentano i ticket per prestazioni sanitarie e farmaci, viene ridotta la spesa per la scuola ed il numero di docenti, continuano ad aumentare le tasse universitarie e scolastiche, diventa sempre più costoso visitare musei o città, o semplicemente parcheggiare l'automobile, diminuiscono le tutele per i lavoratori, si innalza l'età pensionabile, si perde la "liquidazione", aumentano i senzatetto e le persone che per le condizioni di disperazione sono costrette alla criminalità?
Perchè gli interessi ambientali vengono subordinati a quelli economici (trivellazioni petrolifere nel parco naturale dell'Alaska, rifiuto USA degli accordi di Kyoto sull'emissione di gas inquinanti, diffusione indiscriminata di OGM nell'ambiente, privatizzazione delle aree demaniali, condoni edilizi senza fine, inquinamento di fiumi come il Lambro, il Sarno, od il Po, programmi di potenziamento della produzione di energia nucleare)?
Perché i brevetti sui farmaci sono più importanti delle vite di migliaia di persone (la produzione di farmaci generici contro l'AIDS potrebbe renderere accessibi le cure a grandi fasce di malati ora esclusi dai trattamenti per i costi)?
Perché si devono privatizzare le aziende elettriche, gli acquedotti e le scuole, anche se questo provoca aumenti di costi che privano dei servizi fondamentali grandi fette della popolazione (come è avvenuto in sud Africa)?

La democrazia ed il progresso sociale non sono l'opera della mano invisibile del mercato, non dipendono dalla disponibilità diffusa di hamburgher, Coca Cola, o abbigliamento Nike.
La democrazia reale, cioè l'attribuzione ai cittadini del potere decisionale è sempre stata richiesta e conquistata con lotte e sacrifici, e mai concessa gratis.

Le violenze dei no global

I no global si definiscono non violenti.
Per dare "visibilità alle loro proteste", però, prendono di mira dei simboli dei modelli socio-economici che contestano.
Le barriere che vengono innalzate attorno ai summit dei massimi poteri politici e finanziari, diventano metafore per modelli economici che confinano miliardi di persone nella povertà. Per questo in prossimità di queste barriere vengono inscenati scontri. E spesso si tratta di scontri non violenti. Gli idranti vengono irrisi con pistole ad acqua, gli elicotteri con stormi di aerei di carta, bombolette di gas lacrimogeni sono state rispedite al mittente. Sono perfino state utilizzate catapulte per lanciare dall'altro lato della barriera orsi di pelouche.
I più noti marchi dell'industria agroalimentare americana diventano il simbolo delle politiche degli Stati Uniti in questo campo. Quando gli USA dichiararono una guerra commerciale alla Francia per aver vietato la carne agli ormoni, Josè Bovè e la confederazione degli agricoltori francesi non si sono lamentati per i dazi imposti sulle importazioni di formaggio Roquefort: hanno smantellato strategicamente un Mc Donald's.
Similmente le aziende elettriche possono diventare il simbolo per protestare contro i combustibili fossili, o le stazioni ferroviarie il simbolo per protestare contro le privatizzazioni dei servizi pubblici (nessuno ha notato il recente aumento della frequenza degli incidenti ferroviari?).

Purtroppo le proteste dei no global spesso non sono ben accette dai vertici politici di molti stati.
Perfino in Italia (che si vanta di essere un paese democratico, con libertà di espressione, e membro del G8), mi pare che i media abbiano dato ben poco spazio al significato delle proteste dei no global, che pure hanno mobilitato decine di migliaia di persone accomunate da un simile disagio.
Infinite ore di trasmissioni televisive, e fiumi di articoli sono stati invece proposti sulle violenze dei manifestanti e delle forze dell'ordine.
Eppure la maggior parte dei manifestanti era costituita da studenti universitari, professori, perfino professionisti...
Perché allora, per giorni e giorni prima dello svolgimento delle manifestazioni, i telegiornali mostrano le incredibili misure di sicurezza che vengono preparate?
Lo schieramento imponente di forze di polizia, la chiusura di ampie zone della città con barriere alte alcuni metri, l'utilizzo di mezzi blindati e personale armato, non mi sembrano elementi che favoriscano uno svolgimento pacifico delle manifestazioni.
Ed infatti negli ultimi anni si è assistito ad un'escalation continua delle violenze: dagli spray irritanti, all'uso massiccio di lacrimogeni, dai proiettili di gomma alle munizioni da guerra, fino ad arrivare all'uccisione di Carlo Giuliani al vertice del G8 di Genova nel 2001.
Ed ora i vertici si svolgono in regioni desertiche del medio oriente, o in aree montuose del nord america difficilmente raggiungibili dalla gente comune, segnando un pericoloso distacco ed un rifiuto al confronto tra i vertici politici, ed il popolo che li ha eletti.
Purtroppo questo modo di agire e di informare ha delle conseguenze gravi, prevedibili, e certamente previste:


Per saperne di più sull'argomento consiglio di leggere il libro:
"Recinti e Finestre"
di Naomi Klein.



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